Qui l’articolo di Giovanna Branca che recensisce Nimble fingers su il Manifesto del 24 Marzo 2018. Il film è stato da poco presentato a Milano, in concorso al Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina.
Una catena di montaggio per sole donne: «Puoi lavorare velocemente, senza perdere la concentrazione, senza stancarti o fare domande?». Sono questi i requisiti per lavorare nella fabbrica dove si assemblano le macchine fotografiche Canon a Hanoi, oltre alle dita sottili e agili che danno il titolo al documentario di Parsifal Reparato – Nimble Fingers – girato fra delle factory workers poco più che adolescenti che dalla provincia rurale del Paese sono giunte a vivere e lavorare nella capitale del Vietnam.
Con le loro mani rapide e precise «apprezzate» da chi produce tecnologia le donne sono l’80% degli operai che lavorano nelle fabbriche della città, anche se – ci spiega il film, presentato in questi giorni nel concorso Extr’a del Festival Africano, dell’Asia e dell’America di Milano – la maggior parte di loro non potrà sostenere questa occupazione per più di cinque anni: il deterioramento psicologico e fisico è troppo e i giorni liberi al mese soltanto uno, pena tagli salariali o addirittura il licenziamento.
Il regista ci mostra le ragazze nelle abitazioni che condividono – possono permettersi l’affitto solo se fanno gli straordinari, in una filiera dello sfruttamento studiata in ogni particolare – nel giorno libero passato facendo una gita sul fiume o durante una rapida visita a casa, in campagna.
Ma alle telecamere non è consentito entrare in quell’ambiente che è poi l’altro protagonista – in assenza – del film e dei discorsi fra le giovani: il posto di lavoro, che «appare» solo nelle divise delle protagoniste e nelle sequenze di animazione della catena di montaggio e della fabbrica che mostrano le immagini «proibite» di quei luoghi nei quali, per un magro stipendio, le vietnamite (e non solo) che non possono aspirare a un’educazione scolastica superiore consumano rapidamente la loro gioventù.
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