Lancio della campagna contro la decisione presa dall’Ambasciata d’Italia in Hanoi di censurare il film Nimble fingers, perché di censura si tratta fino a prova contraria.
Di seguito gli ultimi scambi di mail con l’Ambasciata d’Italia ad Hanoi:
AMBASCIATA D’ITALIA AD HANOI
[…] Il bel documentario da Lei girato tocca due aspetti molto importanti che incidono sul presente e sul futuro di questo Paese: le dinamiche di sviluppo del Vietnam ed il ruolo della donna nella societa’.
Tuttavia, non condividiamo il modo (che non discutiamo, essendo esso legato alla creativita’ e alla libera espressione di un artista) nel quale vengono presentate in particolare le attivita’ di un’azienda straniera ed omessi al contempo altri rilevanti elementi politici, sociali ed economici del Paese che attengono alle tematiche affrontate nel documentario.
Per questo motivo, considerato lo spirito imparziale delle nostre attivita’ promozionali in Vietnam e senza mettere certamente in dubbio la bonta’ della Sua ricerca ed il coinvolgimento di altri enti o istituzioni, non riteniamo di poter sostenere il progetto. […]
PARSIFAL REPARATO:
[…]
non posso che rammaricarmi per questa vostra decisione, che è espressione del degrado culturale in cui è precipitato il nostro Paese.
Il modo in cui vengono presentate le attività di “un’azienda straniera” sono il frutto di una lunga ricerca oltre che di un’espressione artistica, sono il frutto della censura che abbiamo subito da quella azienda, così come da molte altre. Non ci sono omissioni nel film, ma c’è una narrazione raccontata dal punto di vista degli oppressi.
Entrando nel merito delle posizioni da Lei espresse, non mi pare che ci sia alcuno spirito imparziale nelle vostre attività promozionali. Ero presente in Vietnam proprio nel periodo in cui l’allora Presidente Renzi venne ad elogiare lo stabilimento della Piaggio e quello della Ariston in Vietnam, ero lì quando con il vostro supporto si installarono dei veicoli della Piaggio a scopo promozionale, ero lì quando a Casa Italia organizzavate i meeting con i dirigenti di diverse aziende italiane (tra cui proprio Piaggio ed Ariston).
Ricordo che ebbi un incontro informale anche il vostro responsabile culturale nel 2014, e ricordo come l’Ambasciata si svincolò da ogni relazione con questo Progetto.
Dunque quello che Lei mi scrive non fa riferimento alle reali attività dell’Ambasciata, che anzi ha una posizione politica ben chiara, che si esprime nel supporto e nella collaborazione con i grandi capitali italiani, ignorando, nella migliore delle ipotesi, quali siano i costi da pagare per i lavoratori e il popolo vietnamita e italiano in termini di Diritti Umani.
La cosa che fa più male e indigna è che ancora una volta la classe dirigente del nostro Paese si distingue per il distacco e lo sdegno che mostra nei confronti dei lavoratori e dei cittadini, non solo vietnamiti ma anche di quelli italiani.
Scrivo questo consapevole del fatto che altre ambasciate come quella francese, quella svedese e altre ancora si sono distinte per il supporto che hanno dato alla realizzazione di lavori impegnati a raccontare i diritti dei lavoratori in aziende straniere, mi domando e vi domando perché in Italia dovete sempre creare un abisso tra chi lavora e chi dirige? Perché troncate ogni possibilità di portare avanti un discorso critico in maniera dialettica? Il vostro lavoro in questo modo mortifica ogni giorno il nostro Paese e i suoi cittadini.
[…]
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