Un racconto di dita agili, di donne vietnamite, di grandi marchi occidentali che producono e sfruttano la loro manodopera
di Giorgio Sedona.
Continua a leggere su Point BlankDita agili e manodopera a salari bassissimi, sogni infranti, sogni semplici nonché irraggiungibili. Parsifal Reparato in Nimble Fingers ci racconta una storia umanamente e socialmente dolorosa, sia per le giovani donne vietnamite che lavorano nelle grandi aziende d’esportazione che hanno decentralizzato la loro produzione, sia perché queste ultime – sospinte dalla logica del profitto generato dal taglio dei costi di produzione – sono una macchia scura nel cuore del consumismo occidentale. Seguendo la storia personale di Bay, una delle tante lavoratrici che si spostano dalla campagna del Vietnam del Nord per lavorare in queste grandi aziende situate nei distretti industriali delle grandi città, il regista definisce un panorama dove il valore del lavoratore, per la grande azienda d’esportazione, è un numero o poco più . Bay è un corpo che transita da una realtà originaria, campestre e tradizionalista, ad una seconda realtà frenetica, meccanizzata, atomizzata, incentrata sul ritmo martellante della produzione industriale. Bay è un ingranaggio in transito che si muove dalla campagna del suo piccolo villaggio, Muong, per raggiungere la sua unità produttiva situata nella città di Hanoi.
Attraverso un racconto di osservazione, cadenzato da grafiche animate che descrivono l’alienazione lavorativa del lavoro in fabbrica, Reparato segue il corpo di una giovane donna vietnamita che si fa traccia, ed anima, di una denuncia in grado di giungere fino al fulcro economico occidentale. Un Quarto Stato che viene descritto come un affresco di corpi che avanzano cuneiformi verso una quinta parete che vorrebbero attraversare, alla quale il regista, concede voce, sentimenti e grida. Dita agili buone non solo per lavorare nelle catene di montaggio, ma anche per scrivere su di un diario lo stato d’animo di sé e delle tante lavoratrici che vorrebbero prendere coscienza del loro sfruttamento, che vorrebbero dire no al sistema, e a noi, egoistici sguardi occidentali, che non arriviamo a vedere oltre il riflesso generato da un regalo, da un meccanismo digitale che paghiamo a caro prezzo, sia economicamente che socialmente.
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