Il diritto alla abitazione rientra nella categoria dei diritti fondamentali inerenti alla persona, recita così la nostra costituzione. Ma da anni assistiamo ad una vile speculazione sulle abitazioni, dalle costruzioni abusive alle svendite delle costruzioni pubbliche a favore di cartelli imprenditoriali e mafiosi che rilevano il nostro patrimonio pubblico a quattro soldi e pretendono di rivenderlo a cifre da capogiro o, nella migliore delle ipotesi, imponendo affitti triplicati nel giro di qualche mese.
In seguito alla manifestazione dei No Tav che si è tenuta a Roma il 19 Ottobre 2013, a Porta Pia assistiamo in questi giorni alla crescita di un movimento che non accennerà a diminuire nei prossimi tempi.
Arrivato alla Piazza ai piedi del monumento, che recita la patria ai bersaglieri, ho trovato l’accampamento di un centinaio di tende. Immaginavo di trovare studenti, pseudo intellettuali e nostalgici sessantottini… strascichi di un movimento post Genova 2001 che cerca di tornare in voga sulle ondate movimentiste autunnali.
Invece la scena che mi si è presentata è stata una variegata massa di persone, intere famiglie provenienti da ogni angolo della terra. I bambini accompagnati dai loro genitori hanno approfittato dello spazio a disposizione per giocare e riempire di gioia momenti non facili, i genitori indaffarati a conoscersi e parlare con i giornalisti per far conoscere le proprie storie e le proprie rivendicazioni, impegnati nella lotta per conquistare un tetto sotto cui dormire.
Ho trovato una gran voglia di raccontarsi e un grande bisogno di giustizia, ho incontrato una massa di persone ferme nelle loro rivendicazioni, lavoratori che non hanno un’abitazione stabile, intere famiglie senza il più elementare diritto della casa, costrette ad occupare edifici inutilizzati per avere un tetto sulla testa e vivere quotidianamente con il timore uno sgombero.
È il caso di Claudia.
Mentre mi soffermo a guardare una partitella di calcio improvvisata nella piazza da alcuni ragazzi sento una voce alle spalle che con accento romanesco mi fa: “a lei no gliela fai ‘na foto?”. Claudia ha la pelle nera ed è italiana, il suo accento è sicuramente più romano del mio, per qualcuno in Italia è ancora difficile da comprendere questo “enigmatico ossimoro”.
Claudia mostra soddisfatta sua figlia, una bellissima bambina, mi dice che vivono nell’occupazione di Cinecittà. È fiera, arrabbiata e vuole raccontare la sua storia, consapevole di essere un simbolo di questo Paese, di questa Città.
La storia di Claudia è quella di molti italiani e molti migranti in Italia.
Accanto un gruppo di giovani del Magreb intonano canzoni dei loro paesi e mi invitano a prendere un tè. Senza tanto bisogno di spiegazioni, si condivide quel che c’è a disposizione, ci si conosce e si solidarizza l’un l’altro, in attesa che questo sit-in porti a qualche risultato.
I bambini continuano a giocare, qualcuno è incuriosito dalla fotografia, giochiamo a fare qualche scatto, qualche bambino vuole scattare qualche foto alla propria mamma, come a farle un regalo in queste ore stancanti.
Il bisogno di ritrarre i volti è dettato dal bisogno di guardare chi è in piazza, guardarlo negli occhi e non in un tg in televisione. Scatto con la speranza di ridare un briciolo di dignità a chi non si contenta della propria sorte, di chi vuole prendere la propria vita e quella dei propri cari nelle proprie mani e non lasciarla in balia dei poteri forti che oggi affossano l’Italia, che oggi ci uccidono.
Il potenziale rivoluzionario che queste persone rappresentano, la determinazione con cui portano avanti la propria lotta oggi si esprime anche nel movimento di lotta per la casa e il confronto con i protagonisti di questa lotta può illuminare la strada per un cambiamento che può partire solo dal basso.
La consapevolezza di essere dalla stessa parte della medaglia, di lottare per gli stessi diritti e di correre tutti gli stessi rischi arriverà necessariamente all’identificazione in una stessa classe sociale.
Una nuova generazione sta raccogliendo gli insegnamenti di anni di errori da parte di partiti politici e movimenti disorganizzati, i bambini che oggi seguono i genitori nella lotta per i propri diritti sono il simbolo di uno stato di necessità che si farà sentire ogni giorno di più, sono il simbolo di una generazione che ha bisogno di riprendere consapevolezza della propria identità riappropriandosi dei propri diritti, così come in questi giorni si sono riappropriati della piazza del bersagliere.