La sconfitta della sinistra dopo dodici anni di Kirchnerismo in Argentina
[La Città Futura]

Plaza de Mayo, le prime ore dopo l’apertura delle urne, l’Argentina fa i conti con i fallimenti dell’amministrazione Kirchner, le reazioni della gente in piazza che sperava nella vittoria di Scioli. Cambiemos la coalizione di Mauricio Macri vince il ballottaggio e si assicurano il Governo del Paese, dopo aver conquistato la Provincia di Buenos Aires e la Capitale

di Parsifal Reparato

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Plaza de Mayo, la piazza del Pueblo si riempie a poco a poco subito dopo le votazioni del ballottaggio presidenziale. Tutti i militanti kirchneristi, i peronisti e i sostenitori del Frente para la Victoria (FpV) si assembrano sotto il grande schermo allestito per seguire la proclamazione del nuovo presidente eletto. Verso le 20, appena due ore dopo l’inizio dello spoglio delle schede, iniziano ad uscire i primi exit poll, Macri è in vantaggio.

A Buenos Aires, l’Avenida 9 de Julio e l’Avenida de Mayo si riempiono di gruppi di militanti e sostenitori di Scioli che si incamminano verso la piazza, carichi di speranze marciano per ricordare che comunque vada il vincitore del ballottaggio dovrà rendere conto a quel popolo che fino ad oggi ha costruito un percorso partecipato anche dal basso.

Verso le 22 Scioli comunica dal grande schermo che il vincitore del ballottaggio è Macri. Un’onda di emozioni scorre sui volti dei manifestanti, preoccupazione, paura e tristezza per il cambiamento reazionario che l’Argentina ha scelto di affrontare nuovamente dopo 12 anni di kirchnersimo.

La gioventù peronista continua a gridare per le strade la volontà di perseguire nel cammino del “progetto nazionale e popolare”, la commozione è grande, così come l’entusiasmo con cui reagiscono a questa sconfitta i giovani militanti e i più attempati.

Tra i militanti, ma soprattutto tra gli elettori del Frente para la Victoria, si scorge l’amarezza nell’aver appoggiato un candidato non sufficientemente forte e deciso nelle proprie proposte di sinistra. Le riserve erano molte, in primis la difficoltà di accettare la candidatura di dirigenti della vecchia amministrazione. I candidati di entrambi gli schieramenti sono espressione della borghesia locale, una scelta che va sicuramente a favore della coalizione di Macri, il PRO.

Il programma di Macri è chiaro, passa per la svalutazione della moneta, il re-indebitamento su grande scala del paese e gli aggiustamenti fiscali che condurranno all’aumento delle tariffe dei servizi pubblici. Questo è ciò che reclamano i capitalisti per affrontare il crollo economico dell’Argentina, che si manifesta nell’attuale crisi industriale e nello svuotamento dei mercati finanziari.

Il programma proposto da Scioli sostanzialmente non era molto diverso, la differenza era che si prometteva di applicarlo in maniera più “graduale”.

La politica di “desindebitamento” predicata dal kirchnerismo come espressione dell’autonomia nazionale ha causato lo svuotamento dei mercati finanziari argentini e la bancarotta attuale. L’enorme debito, incolmabile, con i creditori internazionali è stato convertito in un’ipoteca sulla cassa di previdenza nazionale, le pensioni e la Banca Nazionale. Scioli ha predicato la “ricapitalizzazione” e dunque il re-indebitamento, ma Macri e il PRO sono da sempre promotori di tale politica e per questo sono considerati strumenti più affini per la realizzazione di questo compito.

Con tali contraddizioni la sinistra di Scioli e Kirchner ha spostato la bilancia dell’elettorato a suo sfavore e l’elettorato argentino si è dimostrato molto vivace e attento al dibattito tra i due candidati, che hanno finito per assomigliarsi sempre più. Negli ultimi giorni prima del ballottaggio gli stessi macristi hanno parlato di un ripensamento verso un’uscita dalla crisi più “graduale” piuttosto che d’impatto.

Così la variabilità dell’elettorato, che in principio dava per vincitore Scioli ed oggi vede vincitore Macri per non molti punti percentuali, riflette la variabilità della situazione politica in cui i due candidati offrivano un’uscita dalla crisi economica con strumenti asserviti al capitale finanziario.

Alla sinistra argentina non resta che imparare da questa sconfitta e recuperare le istanze che l’hanno resa vincente dal 2003, quando la rabbia del popolo era canalizzata contro i grandi capitali e i poteri finanziari che avevano messo in ginocchio il Paese con la crisi del 2001.

I giovani peronisti kirchneristi seguono cantando che “nei momenti difficili ci saranno sempre, perché Nestor non è andato via, lo portano nel cuore” e promettono di portare avanti la lotta per un’Argentina più equa, attenta alle classi più deboli e ai diritti umani.

Nel frattempo i macristi in piazza non scendono a festeggiare, però nei quartieri bene di Buenos Aires, come Recoleta, Palermo, Puerto Madero auto anonime suonano i clacson per festeggiare la vittoria.

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